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Desiderio impossibile




Continuiamo a guardare al desiderio da un'altra angolatura, nel tentativo di riconoscerne la dinamica umana. I grandi poeti ce lo mostrano in tutti i modi: il desiderio da un lato è il motore della vita e dall'altro non ha una realizzazione diretta. Boudelaire conia addirittura un termine ("spleen") per indicare l'universale condizione umana del mal di vivere. Ma, per oggi, ci appoggeremo a Leopardi per farci condurre in questo itinerario esplicativo e prenderemo le mosse da alcuni passaggi della famosa poesia Aspasia pubblicata a Napoli nel 1834:



Testo

Parafrasi

Torna dinanzi al mio pensier talora

il tuo sembiante, Aspasia. O fuggitivo

per abitati lochi a me lampeggia

in altri volti; o per deserti campi,

al dí sereno, alle tacenti stelle,

da soave armonia quasi ridesta,

nell’alma a sgomentarsi ancor vicina,

quella superba vision risorge.

La tua immagine si ferma ogni tanto nella mia mente, Aspasia.

In questo momento la rivedo, velocemente,

in altri volti della città,

ora essa mi arriva nella pace di un giorno sereno,

o dalle silenziose stelle, e la mia anima si ripete a turbarsi .


Le prime parole della lunga poesia ci presentano la narrazione di un amante che, mentre svolge la sua ordinaria, serena vita, ormai lontano dalla vecchia fiamma, è raggiunto, suo malgrado, dal ricordo ("intrusivo" oggi diremmo), nella sua mente, dell'immagine della sua antica amata. Questa emersione del ricordo, dell'immagine mnestica (che non è non l'oggetto appunto, non è la persona stessa di Aspasia, ma appunto il suo ricordo) genera un turbamento nella sua anima.

Ma com'è avvenuto il lontano innamoramento?


Raggio divino al mio pensiero apparve,

donna, la tua beltá. Simile effetto

fan la bellezza e i musicali accordi,

ch’alto mistero d’ignorati Elisi

paion sovente rivelar. Vagheggia

il piagato mortal quindi la figlia

della sua mente, l’amorosa idea,

che gran parte d’Olimpo in sé racchiude,

tutta al volto, ai costumi, alla favella

pari alla donna che il rapito amante

vagheggiare ed amar confuso estima.

La tua bellezza mi apparve in un raggio divino.

La bellezza e l’armonia musicale hanno lo stesso effetto, e pare che vogliano svelare il mistero e

la bellezza di luoghi paradisiaci.

Il piagato mortale, allora,

insegue quell’immagine di bellezza che ha nei pensieri;

una bellezza che presenta la perfezione divina

Ritroviamo in questo passaggio la differenza essenziale, a dir di Leopardi, tra l'idea dell'amata Aspasia e Aspasia stesa. Tra la costruzione mentale e la persona di Aspasia. Ma allora di chi si è innamorato l'autore? Leopardi descrive molto bene nel testo -che metterò per intero alla fine del post- l'itinerario dell'innamoramento, laddove si evidenzia come sia stata essenziale Aspasia per l'emergere in lui del desiderio. Ma il genio di Leopardi scorge immediatamente che si tratta del desiderio di qualcosa che in lui già c'era e che l'apparire di Aspasia lo rimanda ad altro rispetto alla presente donna.



Or questa egli non giá, ma quella, ancora

nei corporali amplessi, inchina ed ama.

Alfin l’errore e gli scambiati oggetti

conoscendo, s’adira; e spesso incolpa

la donna a torto

Il giovane amante, confronta l’idea di donna ideale

con quella di donna reale e confonde le due immagini, in modo che nei rapporti corporali tende a desiderare più la donna ideale che la donna reale.

Confonde la donna reale con quella ideale

e spesso tende a dare la colpa alla donna amata.

Ecco quindi l'errore essenziale: dare la colpa alla donna amata di una mancanza che in realtà non la riguarda direttamente. Avendo a che fare corporalmente con lei, l'amato vorrebbe avere a che fare con l'ideale che vi è in lui stesso e non con la donna in quanto tale. E' a questo punto che il desiderio è insoddisfatto dalla reale Aspasia. E d'altro canto l'ideale rimane un oggetto interno (idea di Donna amata), che non ha niente a che fare con l'oggetto esterno (la reale donna). In questo passaggio si può ritrovare l'oggetto perduto, prototipico del reale appagamento del desiderio di Freud e il tentativo di allucinare la realizzazione in contatto con il nuovo oggetto d'amore (spiegato nel vecchio post).



Pur quell’ardor che da te nacque è spento:

perch’io te non amai, ma quella diva

che giá vita, or sepolcro, ha nel mio core.

Quella adorai gran tempo; e sí mi piacque

sua celeste beltá, ch’io, per insino

giá dal principio conoscente e chiaro

dell’esser tuo, dell’arti e delle frodi,

pur ne’ tuoi contemplando i suoi begli occhi,

cupido ti seguii finch’ella visse,

ingannato non giá, ma dal piacere

di quella dolce somiglianza un lungo

servaggio ed aspro a tollerar condotto.

La passione per te è forse scomparsa:

perché io non mi innamorai di te ma dell’idea della bellezza che sta ancora dentro al mio cuore.

Io ero avvinto dalla tua ideale bellezza

e mi piacque tanto che io,

ben convinto delle tue arti e

delle tue trame, ammirando nei tuoi occhi reali

i begli occhi della donna ideale, ti ho seguito,

fino a quando l’idea di bellezza ha avuto dimora in me;

accettai di essere avvolto dal tuo dominio,

per il bel piacere che avvertivo

nel vedere la somiglianza tra l’ideale e te.

In questo passaggio Leopardi dichiara un moto di "accettazione" dell' "inganno" essenziale (tra l'ideale suo e il reale di Aspasia) in funzione del piacere della somiglianza tra le due cose. Ma la somiglianza implica sempre una differenza avvertita! E trattare Aspasia come se fosse l'ideale è un errore che alla fine si paga.



Cadde l’incanto,

e spezzato con esso, a terra sparso

il giogo: onde m’allegro. E sebben pieni

di tedio, alfin dopo il servire e dopo

un lungo vaneggiar, contento abbraccio

senno con libertá.

Ora cadde l’incanto

e non sono più legato a te,

e questo mi fa piacere.

Così ora io rinsavisco

riprendo la mia libertà.

La libertà consiste nel rendersi conto dell'inganno al quale si era dato accordo.



Che se d’affetti

orba la vita, e di gentili errori,

è notte senza stelle a mezzo il verno,

giá del fato mortale a me bastante

Comunque la mia vita, priva d’amore,

è triste come una notte buia e senza stelle

in pieno inverno, perché sono purtroppo solo.

Anche se, senza affetti, la vita è come una notte senza stelle in inverno.



Testo e parafrasi integrali





Un nuovo passaggio ci attende sul desiderio nel prossimo post

 
 
 

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